Ascolto: il primo passo per una comunicazione efficace
L’ Ascolto è il tema che Roberto Rasia sceglie per il primo capitolo di “Occhio, ti manipolo“. Quello che mi piace di questo articolo non è solo l’evidenza dell’ascolto come parola chiave della comunicazione. Ma il rilievo che Roberto dà all’ascolto come capacità di sintonizzarsi con l’altra persona e di rispettarla anche quando non è sulla stessa lunghezza d’onda.
A come Ascolto
È curioso in un libro sulla comunicazione parlare già nel primo capitolo di ascolto. Ma è proprio questo uno dei più grandi segreti dei bravi comunicatori, saper ascoltare. Nel suo meraviglioso libro, la cui lettura personalmente rendere obbligatoria per tutti almeno una volta, Dale Carnegie (“Come trattare gli altri e farseli amici”) insiste più volte sull’importanza dell’ascolto.
Comunicando con gli altri, quasi mai ci ricordiamo che abbiamo di fronte persone piene di sé, molto concentrate sulla propria vita e poco avvezze all’ascolto della nostra. Saper ascoltare una persona, con un atteggiamento di attenzione sincera, può dare grande soddisfazione. Il segreto è quello di far parlare il nostro interlocutore, seguendo il suo discorso con un “ascolto partecipato”, proprio come fa il bravo psicologo durante la sua terapia.
Ci sono persone così tanto piene di sé che, se trovano ascolto, sono capaci di dare giudizi entusiastici sul proprio interlocutore chi li ha ascoltati, senza nemmeno conoscerlo.
Generalmente, la gente è ego-riferita e questo è il motivo per cui parla sempre si sé. Tenetelo a memoria la prossima volta che incontrate qualcuno e gli chiedete “come va?”. Provate ad ascoltare con attenzione anche la risposta e vedrete che risultati eccezionali otterrete.
Il “silenzio” inteso proprio come capacità di stare in ascolto di chi abbiamo di fronte, è una delle 7S dell’omonimo metodo che descriverò nel capitolo alla lettera “S”.
A questo proposito, mi ricordo di un esemplare appuntamento a cui mi recai con l’Amministratore Delegato di un’azienda italiana. Entrando nel suo ufficio, come faccio sempre, provai a scovare qualche elemento personale, che mi potesse servire per iniziare il discorso su un piano personale lontano dall’argomento business che mi aveva portato da lui. In quel caso, non fu difficile. Tutto l’ufficio era tappezzato di sue foto vestito da pescatore in tuta mimetica che mostrava orgoglioso all’obiettivo del fotografo il suo trofeo di giornata, che fosse un salmone, una trota o un luccio. Buttai lì l’amo: “Ah, non mi dica che anche lei è appassionato di pesca?”.
La postura del dirigente cambiò improvvisamente, il suo volto si illuminò e attaccò a descrivermi una ad una le foto in questione. Qualche volta da giovane io sono stato trascinato dal mio grande amico Sergio Astuti a pesca ad Ormea, dove mi dilettai senza alcun risultato nella pesca alla trota salmonata in fiume. Per l’occasione di quell’appuntamento con il manager, il mio fugace hobby durato qualche mese divenne una mia grande passione di anni passati. Il dirigente mi fece accomodare sulla poltrona invece che sulle sedie e mi versò personalmente da bere. Incominciò a parlare di pesca e tenne banco per circa 25 minuti ininterrottamente. Dopo di che, io sapevo tutto di lui, della sua comunicazione, di come usava il corpo, del fatto che era un visivo, parlava velocemente e gli dava fastidio chi usava un tono bassa e così via. Lui, invece, di me non sapeva nulla. E quando mi disse: “Beh, chiedo scusa se mi sono fatto trascinare, ma di fronte alla pesca perdo il controllo. Dica allora, per cosa era venuto lei qui?”. Beh, fu un gol facile quello che realizzai quel giorno e portai a casa un’ottima vendita. Certo, mi costò accettare un invito per una battuta di pesca per il weekend successivo, ma “relazione” è la parola chiave del XXI secolo e l’ascolto fu lo stratagemma per entrare in relazione empatia con quell’uomo. Chiunque è innamorato di qualcosa o qualcuno. Basta scoprire di cosa e il transfert è garantito.
Fate parlare la gente di quello che gli interessa, ammoniva il buon Dale Carnegie già nella prima metà del ‘900, e avrete un grande successo.
È ben più difficile, invece, quando ci troviamo di fronte ad un interlocutore silenzioso e attento a ciò che diciamo. O è un seguace di queste teorie e allora il confronto diventa interessante o è una persona scaltra. In entrambi i casi, bisogna avere grande rispetto della dinamica che si instaura.
Il segreto può essere rappresentato da una domanda. Il grande potere delle domande era uno dei cavalli di battaglia di Socrate. Attenzione, però. È come con i bambini, guai a fare domande chiuse. I bimbi tendono, quando intervistati alla tv, alla radio o di fronte ad altre persone, ad intimidirsi e il silenzio è garantito, lasciando nei guai l’intervistatore. Guai a chiedere ad un bambino: “Allora ti è piaciuta la tua nuova scuola? Avete giocato? Hai conosciuto altri bambini?”.
Sono tutte domande chiuse, a cui il bambino risponderà con un monosillabo, sì oppure no, sfoggiando una precoce quanto preoccupante capacità di sintesi. Ecco che le domande aperte ci vengono in aiuto e ci consentono di aprire dei mondi: “Com’è la tua nuova scuola, me la descrivi? Chi hai conosciuto oggi esattamente? A quali giochi avete giocato?”.
Non troppi anni fa, ho avuto meno fortuna nell’ufficio di un altro rappresentante di un’azienda italiana. Colta nell’ufficio la presenza di diversi volumi dedicati ad alcune ville antiche, attaccai con: “Trovo che ci siano alcuni edifici meravigliosi nel nostro paese. Lei che ne pensa?” (domanda aperta).. Lui mi fissò per qualche interminabile secondo e mi rispose: “Le chiedo scusa se non divago, ma ho poco tempo da dedicarle. Vuole procedere?” (domanda chiusa).
Deglutii amaramente e provai a vendere. Inutile confessarvi che quella volta andò malissimo.
Avevo incontrato chi ne sapeva più di me e la domanda giusta, in quel caso, non servì a raggiungere il mio scopo.
Avete intuito il potere di questa malizia? Anzi, ve lo chiedo così, con una domanda aperta: “Cosa ne pensate di questa malizia?”.
La bravura di un conduttore si misura anche con la sua capacità di dare ascolto all’altro. Ma “bravura” inizia con la lettera B, dunque appartiene al prossimo capitolo.